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 A PROPOSITO DEI TRATTURI

elenco
1 - I tratturi
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Noi profani il tratturo non lo percepiamo, non siamo capaci di distinguere il suo tracciato all’interno del paesaggio, specie quando attraversa una distesa prativa, mentre per i pastori che lo percorrono durante la transumanza esso era ben evidente, anche perché sapevano della sua esistenza. Per essi la pista tratturale costituiva uno spazio vitale; per i forestieri, cioè noi, è addirittura invisibile. È per noi che esiste la segnaletica che viene apposta dalle amministrazioni locali o dalle associazioni escursionistiche tipo Club Alpino Italiano, non certo per loro, per gli ultimi transumanti (la famiglia Colantuono). Neanche i conduttori di armenti, comunque, nascevano, come si dice, imparati e ci doveva essere qualcuno che spiegava ai pastorelli la direttrice da intraprendere. I segnali, non la segnaletica, si badi, da seguire sono delle emergenze visive presenti nel territorio circostante, prendi una morgia, un castello, un campanile. Per quanto riguarda le torri campanarie o i campanili a vela più frequenti nelle chiesette agresti bisogna dire che essi costituiscono traguardi visuali ai quali sono particolarmente sensibili i pellegrini che percorrono i vari Cammini religiosi presenti in Europa da quello di Santiago di Compostella alla Via Romea o Francigena alla Via Micaelica la quale, a tratti, si sovrappone ai percorsi tratturali, poiché il pellegrinaggio è mosso dalla fede e quindi ci sono pure ragioni ideali non solo pratiche legate all’orientamento fisico. Negli ambiti, per così dire, desertici quindi le piane del basso Molise dove prima della riforma agraria non c’erano neanche le casette coloniche, la guida è rappresentata dalle siepi che delimitano il suolo tratturale, le quali non dovevano essere state piantumate per fissare la proprietà demaniale, in sostituzione dei muretti di recinzione, ben più efficaci a questo scopo, essendo principalmente delle cortine frangivento per consentire il pascolamento placido delle pecore.

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In tali aree, completamente prive di popolamento arboreo, non era neppure possibile incidere segni indicatori del percorso sulle cortecce degli alberi. Inoltre non ci si sarebbe potuto servire di un particolare indizio indiretto, invece, presente nelle zone antropizzate che è la disposizione ortogonale al tratturo delle case prossime ad esso, dunque il porgere ad esso il lato corto il quale, peraltro, è privo di bucature. È interessante notare che qualcosa di simile, dettata da motivazioni sicuramente differenti, la si ritrova nelle Siedlung, le “stecche” edilizie razionaliste della Germania degli anni ’20 del secolo scorso, prendi Francoforte sul Meno, costruite perpendicolarmente e a distanza dalle strade che sono fonte di rumore e di inquinamento; fu una novità di grande rilievo nella composizione urbanistica che fino ad allora prevedeva la subordinazione dei palazzi agli assi viari. Si è affermato due periodi fa che il modello architettonico diffusosi durante la Repubblica di Weimar e i volumi edilizi, abitazioni e/o stalle, adiacenti al tracciato tratturale si assomigliano in quanto ad allineamento in senso trasversale ad esso, ma che la logica di ciò non è la medesima. Non lo è ne lo può essere perché il tratturo non è un’arteria stradale, bensì un pascolo, lineare. Se la strada è l’asta lungo la quale si movimentano, per quel che ci interessa, le merci da scambiare nei luoghi di mercato, gli animali che effettuano la transumanza muovendo in autunno dall’Abruzzo verso la Puglia sono gli stessi che risalgono in primavera dalle pianure pugliesi alle montagne abruzzesi, magari aggregandosi ad altre greggi a seguito delle compravendite che si stipulano alla fiera di Foggia. È sostanzialmente un andare su e giù di questo prezioso bene, il pecus da cui viene la parola pecunia, fine, in qualche modo, a sé stesso, cioè al suo mantenimento, per sfruttare le risorse prative, a seconda della stagione, del Tavoliere e degli altopiani del “piccolo Tibet”.

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L’oggetto del commercio non è il capo ovino, ma i prodotti che se ne ricavano, la lana, innanzitutto, e il formaggio. Detto diversamente, la transumanza non è una rotta commerciale come sono le direttrici di comunicazione, perché il vello sarebbe potuto essere acquistato dall’industria laniera senza che ci fosse bisogno di spostare gli animali vivi. In definitiva, la pista tratturale è una fascia pascoliva piuttosto che una via. Presenta, comunque, alcune caratteristiche di una strada che sono quelle di essere una striscia di terreno molto più larga quella del tratturo, quindi un connotato morfologico, e della permanenza nel tempo; un percorso viario può cadere in disuso senza che, però, se ne perda del tutto la memoria. Per capirci meglio occorre esemplificare: negli ultimi decenni hanno ripreso vita tanti viottoli campestri non più utilizzati a causa della crisi dell’agricoltura con la loro trasformazione in strade “interpoderali”, sovvenzionate dai fondi europei. Il tratturo pure, dopo la lunghissima fase di abbandono a seguito dell’abolizione della transumanza, ha in corso un processo di rivitalizzazione con la riscoperta delle sue valenze culturali che invogliano alla frequentazione turistica. La condizione che abbia la forma a nastro se è necessaria, ogni itinerario la ha, non è, però, sufficiente a giustificare la continuità d’uso, almeno della sua zona centrale in cui spesso vi era la Via Regia, poiché il resto è purtroppo soggetto ad occupazioni più o meno legittime; è indispensabile che sia capace di supportare modalità di trasporto tradizionale, vale a dire sostenibili, compatibili con l’andamento del terreno, tra cui vi è il camminare a piedi che la ferrovia, anch’essa caratterizzata dall’essere una linea, non sempre ha (quando ad es. in galleria) e la dimostrazione, adesso la colpa è la ricerca della rettilineità, è la Pescolanciano - Agnone che è scomparsa pur non contenendo tunnel ma una forte pendenza tra il Verrino e Pietra del Melo.

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Il tratturo come le strade del passato sono rispettosi della conformazione territoriale, un semplice adattamento del suolo, e ciò li rende parte integrante del contesto, quasi un fatto naturale, addirittura un carattere costitutivo del paesaggio che non puoi sopprimere, perché prima o poi ricompare, a differenza dei tracciati moderni, sia viari sia ferroviari, che, invece, si pongono in contrasto con questo. Ciò che assicura la durabilità dei tratturi è la loro versatilità d’uso contro la eccessiva specializzazione delle nuove strade.

2 - Il Tratturo, caratteri generali
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Il parco dei tratturi è uno speciale tipo di parco perché di forma lineare.

È un’area protetta che abbraccia zone antropizzate e ambiti naturali.

Cerchiamo di analizzare i rapporti che si instaurano tra il flusso della transumanza e il territorio nella convinzione che la rete tratturale non la si può leggere autonomamente, ma solo mettendola in relazione con altre parti del territorio interessate dal suo passaggio. Anticipando una conclusione si può affermare che nel Parco dei Tratturi, previsto da una apposita legge regionale, dovrà comprendersi anche l’ambito territoriale ad essi legato dal punto di vista culturale, storico e paesaggistico. La più immediata osservazione riguardante il tracciato dei tratturi è che essi hanno andamento per quanto possibile rettilineo e questa loro forma regolare rivela che la finalità primaria è la funzionalità economica e non quella di servire il territorio che attraversano. Nonostante, comunque, che i tratturi sono nati per congiungere essenzialmente i luoghi di partenza e quelli di arrivo della transumanza, nello stesso tempo essi sono utili anche per collegare fra loro centri abitati; il modello di percorrenza è del tipo «gerarchico» in quanto da ogni insediamento partono sentieri o mulattiere che si riallacciano al tratturo il quale, quindi, viene ad essere l’asse primario del sistema viario del passato. Inoltre la rete tratturale viene a costituire uno schema di comunicazioni interconnesso, formato da canali longitudinali disposti in senso nord-sud, che sono i tratturi, e percorsi trasversali (i bracci e i tratturelli) che permettono di spostarsi da un tratturo all’altro.

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Il tratturo è sicuramente la via più corta per andare dall’Abruzzo alla Puglia, anche se non sempre la più conveniente in quanto, ad eccezione delle taverne, spesso non vi sono punti di sosta lungo il tragitto; bisogna considerare a questo proposito che se il tratturo fosse passato all’interno dei nuclei urbani, se da un lato ciò avrebbe permesso ai pastori di trovare alloggio, dall’altro lato sarebbe stato però difficile trovare una sistemazione per le greggi nelle aree circostanti perché in genere intorno ai paesi vi è la cintura degli orti, mentre i pascoli stanno distante. A dimostrare l’estraneità dei tratturi rispetto alle zone in cui passano vi è anche la considerazione che se il tratturo condiziona necessariamente la distribuzione delle proprietà private e la suddivisione dei campi coltivati esso non ha alcuna influenza sulla delimitazione dei confini comunali. Ritornando al tracciato dei tratturi va detto che essi non si curano di ostacoli fisici quali i corsi d’acqua che non solo guadano (del resto è indispensabile perché i tratturi devono tagliare necessariamente le valli fluviali che sono disposte Est-Ovest) ma a volte addirittura ne seguono l’alveo (ad esempio il tratturo Pescasseroli-Candela nel territorio comunale di Cantalupo viene a coincidere per un tratto con il Rio Bottone), poiché la loro unica preoccupazione sembra essere quella di raggiungere la meta con il percorso più breve possibile.

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Nell’inciso di sopra si è accennato ad una sovrapposizione tra tratturo e corso d’acqua, dove quindi il tratturo non è visibile: non è questa l’unica volta in cui non è possibile percepire il percorso tratturale, perché il tratturo scompare anche quando entra in alcuni centri urbani che sono stati storicamente centri di mercato legati alla transumanza come Isernia, Boiano e Altilia (Sepino). In questi agglomerati edilizi l’andamento dei tracciati stradali è stato determinato dal passaggio del tratturo: ciò rivela che tali città hanno avuto una funzione di servizio rispetto alla transumanza ed, infatti, sono stati luoghi di mercato. Lo sviluppo urbanistico che asseconda il tratturo ci dice, inoltre, che la città è stata in qualche modo “sottomessa” al tratturo, una cosa governata e non governante. Parlando di scomparsa dei tratturi dobbiamo, per completezza di informazione, evidenziare che oggi, purtroppo, una quota considerevole del patrimonio tratturale è andata perduta: in specie i tratturi sono stati eliminati lì dove le potenzialità agricole sono migliori e cioè lungo la fascia costiera dove i coltivatori si sono impossessati di parte del suolo del tratturo L’Aquila-Foggia (magari avendolo acquistato prima dell’imposizione del vincolo storico nel 1976).

Il problema della perdita dell’integrità dei tratturi è non solo quello dell’alterazione del bene culturale, ma pure quello del danno economico provocato al turismo. Si prenda solo il caso degli agriturismo, nati in gran numero negli ultimi anni, i quali di frequente puntano sul turismo equestre: il tratturo è particolarmente idoneo per l’esercizio dell’equitazione. Il tratturo, inoltre, è stato scelto dal Club Alpino Italiano come percorso nel tratto molisano del Sentiero Italia, la principale direttrice escursionistica della Penisola, che perciò in questo tratto si chiama Bretella della Transumanza. Va specificato che nell’ottica della pratica dell’escursionismo è positivo il fatto che alcune volte il tratturo incontra un centro abitato perché questo può essere un valido posto-tappa. Con il tema dello sfruttamento turistico dei tratturi siamo entrati nel campo della valorizzazione di questa significativa emergenza paesistica del territorio molisano. I modi per raggiungere tale obiettivo sono molteplici e vanno dalla creazione di parchi archeologici, come si potrebbe fare a Campochiaro dove i sepolcreti (quello dell’VIII sec. a. C. e quello del VII sec. d. C., l’uno sannita e l’altro “bulgaro”) sono in adiacenza al tratturo Pescasseroli-Candela o ad Altilia sul medesimo tratturo, alla istituzione del parco dei tratturi che anch’esso deve necessariamente mettere in relazione la rete tratturale con il territorio circostante. Il parco dei tratturi deve avere come obiettivo pure quello della tutela del tracciato dei tratturi la cui protezione oggi è affidata al vincolo storico apposto dal Ministero per i Beni Culturali nel 1976 e al vincolo paesistico imposto dalla Regione nel 1991 con il varo dei piani paesistici il quale ultimo include pure una fascia di 50 metri a lato del suolo tratturale (con ciò mostrando un’attenzione al tema dei rapporti tra il tratturo e l’unità di paesaggio nella quale ricade). Quella della conservazione dei tratturi è una sfida difficile perché il percorso dei tratturi interessa ambiti antropizzati e il parco dei tratturi non può, dunque, essere assimilato ad un parco di tipo naturalistico, come sono quelli di montagna che rimangono parchi remoti, ma un parco che convive con le zone urbanizzate e perciò fruibile con facilità dalla popolazione.

3 - I percorsi tratturali

Nel tratturo, il quale è concettualmente a metà tra una via e una superficie pascoliva di tipo lineare, troviamo ai suoi bordi, di tanto in tanto, più frequentemente a Pescolanciano, all’estremo e dentro l’area urbana, dei cippi lapidei che potrebbero essere scambiati per pietre miliari e che, invece, sono dei “termini” posti a segnare il confine del suolo demaniale. Ciò lo si deduce dal fatto che in essi non è indicata la distanza del percorso da compiere, bensì l’anno in cui è stata effettuata la Reintegra (le Reintegre sono state 3, la prima all’inizio dell’’800 subito dopo l’abolizione della transumanza, la seconda a metà del secolo e la terza nel periodo post-unitario), mentre sul retro vi è la sigla RT, Regio Tratturo. In effetti, oggi non avremmo alcuna utilità da un’iscrizione che riportasse le misure in scala napoletana perché per noi non più comprensibili, ma certo sarebbe comodo per gli escursionisti trovare lungo le aste tratturali una segnaletica con il chilometraggio e, magari con i tempi di percorrenza (possibilmente non in giornate di cammino come riportato negli atti della Dogana di Foggia, ma in ore perché gli itinerari lungo i tratturi sono già di per sé frequentemente giornalieri, essendo rari i trekking, quindi camminate di più giorni, come quello effettuato quest’estate dal Club Alpino Italiano sezione di Campobasso). Nella tabellonistica sarebbe poi opportuno che venisse segnalato quanto dista la prossima fontana e, magari, la presenza, proseguendo nel tragitto, di strutture ristorative e ricettive. In ispecie sul Celano-Foggia che corre lontano dai paesi e meno male che come sperimentato nella settimana “itinerante” del CAI dello scorso agosto vi è, seguendolo, una attività agrituristica in località Piana S. Mauro. Le cose vanno diversamente, almeno nel tratto interessato dalla vacanza, per così dire, deambulante del Club Alpino Italiano, per quanto riguarda il Castel di Sangro-Lucera che è tangente ad alcuni centri abitati (Pescolanciano, Civitanova, Duronia e Torella, altrettante tappe del cammino agostano di questa associazione).

Ancora 1

Se è vero, di qui la necessità di cartelli indicatori, che in certi pezzi la pista tratturale non è distinguibile in quanto invasa dalla vegetazione è pur vero che una volta imboccato il tratturo non ti depista, non potendosi confondere per l’ampiezza della sua sezione trasversale quando conservata nella sua integrità con le carrerecce che incrocia e, a maggior ragione, con i sentieri campestri. Le tabelle con le notizie riguardanti il camminamento vanno posizionate al centro del tratturo, anche perché la fascia centrale era quella deputata al passaggio delle persone, una sottile striscia mentre tutta la restante parte del demanio tratturale era lasciato al pascolamento delle greggi transumanti; dunque i segnali da apporre hanno una funzione ben diversa da quella, che è di natura patrimoniale, non a servizio dei viandanti, dei limiti in pietra di cui si è detto. Una guida per riconoscere il sedime tratturale sarebbero state le siepi e i filari di alberi al contorno i quali oggi, però, non sono distinguibili poiché, di frequente, inglobati nella massa arborea cresciuta spontaneamente lì dove non viene praticato il pascolo da tempo e non è stato ricondotto a coltura per via dell’affidamento, con le concessioni triennali, agli agricoltori. Le “rive” del tratturo proprio come quelle dei fiumi, elementi del paesaggio entrambi che si sviluppano linearmente, sono qualcosa dotata di un certo spessore, non potendosi ridurre ad un tratto sottile che  ne fissa il perimetro, per quello che succede fuori allo stesso: lungo i bordi dei tratturi, attaccati ad essi, si installano manufatti edilizi non si capisce per quale ragione, accettando la penalizzazione in base alla normativa odierna di non poter aprire finestre sui fondi altrui e che probabilmente vigeva pure all’epoca della Dogana considerato il tratturo alla stregua di una proprietà privata seppure appartenente alla mano pubblica. Una spiegazione plausibile è che accostandosi al suolo tratturale si poteva usufruire, per raggiungere la costruzione, della Via Regia, l’unico tratto del tratturo destinato alla circolazione, oltre che dei pastori, di chiunque.

Le esigenze adesso sono cambiate in materia di trasporti e questo tracciato viario non è funzionale al traffico automobilistico per cui ognuno di questi fabbricati si è dovuto dotare di un proprio stradello collegato con la viabilità comunale il quale si conclude proprio al limitare del tratturo, quasi tanti rivoli, per rimanere all’immagine del corso d’acqua, che si immettono nel demanio tratturale, e, in sostanza, sono altrettante “strade senza uscita”. Case così ne troviamo a Salcito, Pietrabbondante e Civitanova, alla Scalzavacca non distante dal ponte di Sprondasino, l’areale del viaggio a piedi compiuto dai soci CAI. Riprendendo il filo del discorso, dopo questo approfondimento sui segni fisici che consentono di avere la certezza di trovarsi sul tratturo, che è quello della segnalazione con appositi pannelli della progressione del percorso tratturale si deve dire che allorché la Via Regia risulta asfaltata l’amante dell’escursionismo preferisce cercare delle alternative e ciò ha fatto il CAI nella sua “settimana verde” per evitare la strada carrabile con sottofondo in asfalto che segue il Celano-Foggia tra il bivio per località Fratte di Pietrabbondante fino all’innesto sull’Istonia e ciò pone problemi alla pianificazione della segnaletica escursionistica. Il camminare è un gesto eversivo non solo perché si oppone agli stili di vita dominanti, ma pure perché più concretamente richiede l’infrazione di norme del Codice della Strada come nel caso dell’attraversamento della Statale Istonia (non ci si è accorti dello scavalcamento della linea ferroviaria in quanto in galleria a Fonte Curelli a Carovilli) per passare, a volte, come da Torniello per raggiungere Coperchiata, ambedue in agro di Pietrabbondante, è necessario scavalcare delle recinzioni con filo spinato  (in verità è stato facile per via di una chiudenda) non si sa quanto collocate legittimamente. L’atto più dirompente è stato però quello di bypassare la Diga di Chiauci al di sotto della quota di “massimo invaso”. Forse, però, è lo stesso camminare sui tratturi a risultare una trasgressione, snobbati come sono stati in precedenza dagli stessi escursionisti perché un cammino troppo facile, accorgendosi da poco dei motivi di interesse che rendono attraente la loro frequentazione.

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