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Le sfilate rievocative e l'assetto urbano

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L’ultima moda nel campo delle manifestazioni popolari è quella delle rievocazioni storiche. Ad iniziare deve essere stata Bagnoli con il Carnevale dei Mesi cui seguiranno la rappresentazione della contesa tra i Trinitari e i Crociati a Campobasso e il Ver Sacrum a Boiano. È da dire che trattasi, salvo la prima, di eventi non legati a ricorrenze determinate, cioè non hanno scadenze prefissate, non sono legate a precise date del calendario come avviene, mettiamo, per le celebrazioni religiose. Costituiscono, sicuramente, delle iniziative che concorrono alla valorizzazione dei centri in cui hanno sede riportando alla memoria tramite la teatralizzazione dell’accadimento episodi significativi della storia locale e quindi, appassionando le persone al passato di quell’insediamento. Nello stesso tempo c’è il rischio che esse producano una qualche distorsione nella ricostruzione dei fatti storici in ossequio all’espressione “è lo spettacolo bellezza”. Di certo sono state pensate tanto per rinsaldare il rapporto della comunità lì insediata con il proprio borgo quanto quali richiami turistici, con sorprendenti effetti scenici e costumi di scena appariscenti. Conta pure, e molto, la scenografia per la quale ci si avvale degli scorci di pregio dell’abitato tradizionale e in tal modo la rievocazione serve anche a far conoscere il patrimonio architettonico antico. Prevalgono, comunque, sempre le esigenze teatrali per cui qualora occorra un viale ampio ed esteso in cui il corteo debba passare si sceglie, giocoforza, quale luogo di svolgimento dell’evento una zona di impianto più recente, con buona pace della messa in rilievo delle emergenze culturali locali.

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Questo è il caso di Boiano in cui coloro che interpretano i protagonisti della “primavera sacra” percorrono corso Amatuzio, il rettifilo novecentesco che unisce la stazione alla piazza principale. Che ci sia bisogno di lunghe e larghe arterie per effettuare una sfilata è una cosa scontata se si vuole permettere al pubblico, in genere numerosissimo, di assistere allo svolgimento della sfilata, peraltro è cospicua anche la quantità di attori che impersonificano i vari personaggi. Tale requisito urbanistico è richiesto non solo per le rappresentazioni rievocative ma per ogni parata, sia essa la Sagra del Grano a Jelsi in cui i carri si susseguono lungo il tratto urbano del tratturo, sia esso il Carnevale di Larino che si fa nella Piana di S. Leonardo e non nell’agglomerato medioevale per il nutrito numero di compagnie che espongono quadretti allegorici in movimento. Lo stesso vale per i Misteri del capoluogo regionale e per la ‘ndocciata di Agnone. Che ci sia una passione per le sfilate è dimostrato proprio, in quanto gli esempi più eloquenti, dalla “processione” delle ‘ndocce in cui lo spettacolo è dato da torce in movimento, dalle fiamme che camminano, non sono statiche, e dagli “ingegni” campobassani, una serie di tableaux vivants, una sorta di palcoscenico mobile mentre chi assiste alla rappresentazione rimane immobile. Per questo genere di intrattenimento non vanno assolutamente bene gli stadi e i teatri all’aperto, il requisito essenziale è il dipanarsi in un insieme urbano. Magari si potrebbe prevedere la predisposizione di assi viari multifunzionali nelle Zone di Espansione urbanistica che si prestino anche a fungere da “passerelle”, ovviamente non rialzate, per messe in scena itineranti di futura ideazione. Tornando ora a noi, cioè al tema iniziale dopo aver doverosamente allargato lo sguardo ad altre tipologie di manifestazioni a sviluppo, per così dire, lineare, che non si svolgono in un unico posto, dobbiamo rilevare che al pericolo già segnalato di alterazione della verità storica si aggiunge quello della idealizzazione del passato che è esattamente quanto avviene a Bagnoli del Trigno con Frammenti d’Antico (e sì, vi sono paesi, non solo i più grandi, in cui si organizza più di una manifestazione rievocativa). I personaggi sono dame, cavalieri, paggi che indossano riproduzioni di abiti d’epoca di ottima fattura, il che è in contrasto con la realtà del periodo in cui le vicende sono ambientate quando neanche la corte sfoggiava vestiti così sfavillanti se non in momenti ufficiali.

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È una ricerca di spettacolarità. Una maggiore attenzione filologica la si ha invece nell’allestimento dei Presepi Viventi i quali costituiscono rievocazioni particolari non unicamente perché siamo di fronte a rappresentazioni fisse ovvero a scenette che non si spostano come nelle sfilate, ma anche in quanto il set è quello di ambienti modesti, di case minime, di botteghe artigiane, di stalle cercando di riprodurre i luoghi della vita di Gesù e, del resto, a inventare il Presepe è stato il Poverello d’Assisi. Visitando un Presepe Vivente, vi sono edizioni assai suggestive a Cercemaggiore, Guardialfiera, Montenero di Bisaccia, si ha modo di apprezzare il centro storico; il visitatore è tenuto a muoversi, non è ammesso il rimanere fermi come succede nei cortei, a entrare nei vani in cui è riprodotta la falegnameria di San Giuseppe, la cucina rustica con la Madonna in cucina, la camera da letto della Sacra Famiglia e così via. Dispiace che si debba smontare tutto al termine delle festività natalizie, sarebbe da valutare se mantenere l’allestimento per farne un’esposizione permanente della vita contadina un po’ come si è fatto a Casalciprano dove si è arrivati a creare un museo delle tradizioni popolari le cui “sale” sono i vani terranei di diverse abitazioni della parte antica dell’abitato. È dalle mostre che nasce una realtà museale, in genere.

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