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A PROPOSITO DI S.MARIA DELLA STRADA

1 - L'architettura 

Per la costruzione di questa chiesa non si è seguito nessun modello esistente, essa non ha subito l’influenza di alcuna opera precedente. La singolarità dei suoi prospetti formati da spessi lastroni di pietra che sono ad un tempo portanti e di rivestimento colpisce chiunque, tanto l’intenditore quanto il profano. La qualità estetica e la perfezione tecnica fanno un tutt’uno con la mirabile sovrammettitura, sia in verticale sia in orizzontale, dei grossi blocchi calcarei e la cura nell’incastro ai loro spigoli. C’è un altro aspetto altrettanto significativo in questo edificio ed è lo stretto legame tra architettura e scultura: i bassorilievi in facciata (e al di sopra dell’entrata laterale) appaiono quasi il frutto di lavoro di intaglio eseguito sull’ossatura dell’opera architettonica e, infatti, sono stati realizzati scavando con lo scalpello nella parete lapidea che oggi si direbbe “strutturale”. Cioè non “figure”, le incisioni sovrapposte ad un muro fatto di diverso materiale come succede abitualmente nelle “lunette figurate” (vedi a San Giorgio, Campobasso, alla parrocchiale di Casacalenda, ecc,). Per quanto detto si è dell’opinione che l’apparato figurativo sia stato concepito contestualmente alla concezione del fabbricato. Un fatto davvero unico. Le maestranze dovevano essere sicuramente le medesime, ad un tempo scultori e architetti.

Vista l’unitarietà dell’intervento è da dire che di certo il manufatto è stato tirato su in un arco temporale ristretto; non si leggono segni di mani differenti nell’esecuzione delle lavorazioni, né l’avvicendarsi di più fasi costruttive. Se esternamente la chiesa è esattamente l’originale, internamente c’è il dubbio che essa sia sicuramente quella delle origini. L’azione di restauro attuata nel secolo scorso, infatti, pensando di riportare alla luce l’assetto iniziale del luogo di culto eliminò le volte a crociera mettendo in vista le capriate in legno della copertura. In qualche maniera, in maniera comunque violenta, denudò l’interno operando una radicale rivisitazione dell’impianto architettonico. non più uno spazio suddiviso in campate, con o senza gli arconi trasversali che le delimitano, uno per ciascuna di esse, una campata per volta dovendo essere la navata coperta da una teoria di volte, bensì un ambiente unitario così come prevede lo schema basilicale, così detto perché adottato dai Romani che lo hanno inventato nelle basiliche, vedi quella di Altilia. A suggerire l’impianto basilicale vi è, peraltro, l’assenza del transetto e, perciò, la pianta di forma rettangolare, il fatto che non sia un’aula per la presenza di navate con il bel colonnato che ne sorregge le arcate e la differente altezza dei tetti. Mentre nelle basiliche non vi sono interruzioni nel fluire dello spazio dall’ingresso verso il fondo, senza pause, vi è una continuità spaziale assoluta, al contrario la divisione del volume in campate scandisce l’interno in momenti distinti, anche se si tratta di separazioni in qualche modo virtuali. Le campate che ripartiscono la superficie equivalgono a dei moduli. È nel XV secolo che all’articolazione in campate, al basarsi nella progettazione su un sistema modulare si attribuisce il significato metaforico della misurabilità del Creato; il fissare moduli-base da utilizzare quali moltiplicatori nel calcolo delle aree serve a controllare il mondo reale, rendendolo a misura, letteralmente, d’uomo da cui Umanesimo. Nella basilica, invece, la sensazione è quella di trovarsi in un posto di estensione indefinita (specie in senso longitudinale, del resto quello principale), manca una scala di misurazione, per cui non si riesce a verificare intuitivamente, ovvero a colpo d’occhio, la distanza che intercorre tra l’inizio e la fine della navata, non vi sono parametrici fisici cui rapportarsi; non conta ciò che succede nel percorrerla, conta unicamente l’altare, il punto focale del percorso. I restauratori che operarono qui vollero “spogliare”, il “denudare” di prima, questa fabbrica sacra innanzitutto per una questione filologica, le volte erano considerate spurie, ma anche in ossequio all’idea che si aveva del Medioevo di epoca austera per cui va spurgato il fabbricato degli orpelli presenti, attribuendo alle volte a crociera la natura di “sovrastruttura” e in effetti non partecipano della “struttura” resistente dell’edificio; tale idea di sobrietà dell’Età di Mezzo è in contrasto con lo sfoggio di decorazioni all’esterno.

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Se fosse vero il contrario, quindi che le volte sono coeve del resto dell’immobile, allora la loro demolizione rappresenterebbe un danno serio pure in quanto testimonianza della notevole abilità tecnica dei capomastri di un tempo perché gettare una volta è più difficile della realizzazione di una copertura in legno il cui intradosso oggi vediamo. Si da per scontato che nei Secoli Bui si fossero perse le capacità artigianali, tutt’al più in quell’età storica si sarebbe stati in grado di voltare le navate laterali in quanto più strette, non quella centrale. Un inciso, le navate secondarie non sono poi tanto delle navatelle, con funzione di ambulacro, corridoi lunghi e poco larghi, poiché vi si può celebrare la messa concludendosi con un’abside. Le absidi sono 3, comparabili dimensionalmente fra loro, con calotta estradossata coperta con “licie”, a mò di semitrulli. Tutte e tre hanno una feritoia che funge da apertura aeroilluminante; altre sorgenti luminose sono il rosone e le finestre in fila solo su uno dei muri della navata centrale nella fascia che svetta sulle navate laterali nonostante che tali navate abbiano identica altezza, inferiore a quella che sta in mezzo. Vedere (la chiesa) per credere (a ciò che qui si è detto).

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2 - Il patrimonio archeologico
2 -Il paramento murario
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La pietra da taglio di buona fattura conviene, per ragioni estetiche, che venga esibita in facciata, del resto nessuno si sogna di rivestire i fronti degli edifici che presentano una tessitura muraria di pregio mediante intonaco. La pietra che usualmente si impiega nelle costruzioni e quindi nelle pareti perimetrali è in piccoli conci, più facili da reperire e trasportare dai siti di estrazione. Queste due considerazioni di carattere generale sono propedeutiche all’esame della murazione esterna della chiesa di S. Maria della Strada, la pietra di cui si è parlato sopra costituisce ai fini del nostro discorso una autentica pietra di paragone per far emergere la peculiarità di quella impiegata nella fabbrica religiosa di Matrice. Il materiale lapideo qui utilizzato ha un peso rilevante nel conferimento a questo edificio ecclesiastico del titolo di monumento, termine che viene da memento, ricordare, e memorabili, da ricordare, sono le sue mura.

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Ci sono numerose architetture romaniche di pregio nelle campagne molisane, da S. Lucia alla Posta di Agnone alla Madonna di Canneto di Roccavivara a S. Maria di Casalpiano di Morrone del S. e tra queste eccelle S. Maria della Strada e tale sua primazia è confermata dal fatto che essa è tra le primissime opere monumentali riconosciute dall’amministrazione preposta ai beni culturali come tali, è tra le antesignane, siano sul finire del XIX secolo, dei manufatti oggetto di vincolo storico. Singolari i bassorilievi che adornano i portali, frutto di notevole perizia artistica e singolare è, però, anche l’apparecchiatura muraria che ne fa un episodio eccezionale nel contesto regionale, frutto di notevole perizia, adesso, tecnica. Ci stiamo girando intorno, è giunta l’ora di descrivere ciò che rende unica qui la maniera di realizzazione del paramento murario. Contrariamente agli altri fabbricati con pietra a faccia vista a Matrice sono utilizzate lastre, non conci i quali sono elementi minuti, già ciò ci fa capire, tale differenziazione nella scelta del formato dell’elemento lapideo che più è grande, lo si è lasciato intendere all’inizio, più è costoso, quale sia stato l’impegno anche economico profuso per l’erezione del luogo di culto. Per quanto riguarda la spesa bisogna aggiungere pure i costi del trasporto dal sito di estrazione di questa sorta di pannelli calcarei che devono essere alzati, fino a 3 metri, per essere sovrapposti fra loro. È davvero particolare il fatto che la pietra adoperata per un muro portante sia una lastra e non un blocco. È la norma che un setto murario sia in blocchi di pietra, l’essere “lastriforme” è un’eccezione, specialmente agli angoli, ma neanche le pietre angolari ci sono a S. Maria della Strada. In questa una funzione di cucitura negli spigoli tra due pareti sembrano svolgerla l’intercalazione dei cordoli con le lastre e il loro risvoltare alternativamente in uno dei due lati del fabbricato che si incrociano; da notare, poi, che le giunzioni fra i cordoli non coincidono con le giunzioni fra le lastre e pure ciò è a favore della stabilità strutturale. Tale sapiente accortezza costruttiva non appare replicata all’interno dello spazio sacro inficiando un po' così la capacità di resistenza al sisma della struttura. Le lastre, ovvero pannellature esterne non essendo sottili, sono spesse circa 15 centimetri, sarebbero in grado di sopportare il peso della copertura, ma gli artefici dell’architettura ritennero che fosse meglio una coppia di lastre, una fuori e una dentro all’ambiente in cui si officia; un’unica lastra sarebbe stata a rischio di ribaltamento a causa della spinta prodotta da un terremoto. Le due lastre, quella sulla faccia esteriore e quella sulla faccia interiore della costruzione potrebbero essere semplicemente incollate l’una all’altra, accoppiate in senso vero e proprio oppure fungere da cassaformi e in tal caso il sistema costruttivo sarebbe equiparabile ad una muratura a sacco, non è dato saperlo. Bisogna evidenziare, inoltre, che le lastre poste all’esterno hanno una grandezza rispetto a quelle interne superiore e ciò fa si che si abbia un numero inferiore di linee di congiunzione nel “lastricato” il che concorre alla bellezza della facciata.

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Sono, in definitiva, lastre di rivestimento e nel contempo membri dell’ossatura dell’edificio, è qualcosa di inedito. La scelta delle lastre quali “tasselli” edilizi se da un lato è onerosa, i motivi li abbiamo indicati in precedenza, dall’altro lato ha permesso di risparmiare sulla voce di costo del Rivestimento: i capomastri medioevali che lavoravano nel cantiere di S. Maria della Strada la sapevano lunga… Finora ci si è intrattenuti sulla chiesa di S. Maria della Strada se non come un unicum come una rarità, ma non è propriamente così a proposito dell’ambiguità del fronte architettonico. Ancora più estraniante è la veduta del campanile di S. Chiara a Isernia con la disposizione a spina di pesce dei mattoni, una configurazione che è idonea per le pavimentazioni e non per gli elevati e nonostante ciò qui tale assetto del cotto non è in orizzontale bensì in verticale, nell’alzato della torre campanaria: è difficile poter stabilire se tale cortina laterizia sia di rivestimento o abbia un ruolo statico. L’equivoco, in epoca contemporanea, lo possono ingenerare le pareti ventilate con le piastrelle che racchiudono l’intercapedine areata che hanno la medesima dimensione e forma dei blocchetti forati da costruzione.

3 - I bassorilievi

3 - Il santuario di Pietrabbondante

L’interpretazione delle raffigurazioni scultoree sulla, sulle, facciata, facciate, oscilla tra la trasposizione in pietra della Chanson De Geste e dei racconti biblici. In ogni caso si tratta di una scultura, per così dire, narrativa per ritrovare la quale, i suoi antecedenti, bisogna andare molto indietro nel tempo, all’epoca romana, metti il ciclo della guerra contro i barbari della Colonna Traiana, in età paleocristiana il racconto attraverso rappresentazioni lapidee non era più in uso. La narrazione intesa quale fluire continuo di una sequenza di fatti, non quadretti distinti, ha quale forma espressiva tipica il bassorilievo, non si impiega a tale scopo la tecnica della pittura. È ben strano che sia stata affidata all’arte scultorea e non a quella pittorica il compito del raccontare nonostante che la pittura sia il mezzo di espressione predominante nella produzione artistica del medioevo. Lo scultore a Matrice nei bassorilievi segue i precetti delle rappresentazioni teatrali dell’unità di tempo, di luogo e di azione, prendi la scena del leone che attacca il cavallo e la successiva del cavaliere che uccide il leone e quella del drago (o pesce) che inghiottisce qualcuno (il profeta Giona?) e poi lo risputa fuori, non scenette separate come nei fumetti per intenderci, non vi sono linee di divisione fra i vari momenti, bensì quadri unitari. In definitiva, si tratta di inserti scultorei in cui è riportata una storia per intero.

Questa della contemporaneità di avvenimenti accaduti in tempi diversi, quasi una contraddizione in termini, è la prima e la principale complessità riscontrabile nella lettura delle immagini scolpite nei fronti di S. Maria della Strada, sia prese una per una ma sia nel loro insieme. Un grado di complessità, il secondo, è dato dalla pluralità di piani su cui si sviluppano i bassorilievi, vi è quello avanzato del pseudoprotiro e quello arretrato delle lunette sui portali secondari. Un altro, il terzo, grado di complessità è dato dalla compresenza sulla parete d’ingresso di statue, cioè figure a tutto tondo, i “busti” di due buoi nel timpano il quale ultimo è sormontato da un’aquila anch’essa una figura tridimensionale, e raffigurazioni a rilievo di ridotto spessore, ovvero bassorilievi, tutto il resto. Un ulteriore, il quarto, grado di complessità è dato dalla varietà dei temi trattati sulla faccia esterna di questa chiesa dei quali uno dichiaratamente classico, l’ascesa di Alessandro Magno al cielo sulla lunetta in cima alla porta che si apre su uno dei lati lunghi. Un quinto grado di complessità è dato dalla coesistenza di soggetti che tendono a fuoriuscire dall’inquadratura architettonica ed è il caso del cavallo aggredito dal leone e altri che, invece, sono inseriti in modo compiuto nella riquadratura spaziale. Un sesto grado di complessità è la compresenza di figurazioni derivanti sia dal mondo animale, il quale qui intendiamo comprenda anche gli umani, sia dal mondo vegetale, le foglie d’acanto e le roselline incise sulle cornici e sia da un mondo fantastico fatto di motivi geometrici come il casco di capelli della donna che sta nel timpano pettinati a onda il quale può essere confuso con un intreccio astratto. Il settimo grado di complessità è dato da contraddizioni evidenti, vi sono disegni, in bassorilievo, di matrice popolaresca, gli animali e le persone trattate in maniera assai stilizzata che popolano la parete frontale in opposizione all’aulicità che connota la rappresentazione dell’episodio dell’ascesa al cielo di Alessandro Magno sulla parete destra (destra se ci si mette di fronte all’edificio cultuale). L’imperatore macedone per la fissità, un modo grafico arcaico, ha un aspetto molto ieratico solo che si tratterebbe di una divinità pagana e non cristiana; sorprende che nelle lunette tanto dell’entrata che sta sul lato maggiore quanto di quella che sta sul lato minore non trovi posto un omaggio alla religione cattolica. Si è detto di quella dedicata ad un personaggio pre-cristiano e per quanto riguarda l’altra essa è occupata da una raggiera. Tale raggiera è semicircolare mentre quella che forma il rosone è circolare; quest’ultima simboleggia per alcuni le 12 porte di Gerusalemme e per altri Cristo al centro dei 12 Apostoli, in tutte e due le versioni interpretative un repertorio iconografico di ispirazione religiosa. Alle innumerevoli complessità delle raffigurazioni sopra elencate si aggiunge anche quella della composizione della zona centrale della facciata caratterizzata da un protiro che non è un autentico protiro perché non è sorretto da colonnine come si conviene a un protiro vero e proprio, cioè non è sporgente e le colonnine sono trasformate in piedritti lisci, una specie di colonnine schiacciate. Il portale non è strombato veramente, la strombatura è solamente accennata da una ghiera che corre sul suo archivolto. Le mura ai lati sono abbellite con una teoria di archetti ciechi tipici dello stile Romanico (la loro presenza permette una datazione abbastanza certa di questa preziosa architettura) che sono posti al di sotto del cornicione. È un’archeggiatura puramente ornamentale, gli archi non hanno alcuna funzione strutturale se non quella di permettere alla gronda di avanzare dal filo della parete, cosa che serve ad evitare che le acque meteoriche, è il caso della neve che si deposita sul tetto, scivolando giù dalla copertura, possano infiltrarsi nella muratura e disgregare il legante che tiene insieme i conci lapidei oltre che penetrare all’interno dell’ambiente di culto rendendolo umido. Che siamo di fronte ad una archeggiatura a scopo essenzialmente decorativo, sarebbero bastate delle mensole per allontanare le grondaie dal muro, risulta evidente se si considera che gli archetti sono posti su un piano differente da quello del muro portante che è arretrato rispetto ad essi.

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4 - Il campanile

Ancora 2

Non è l’unico caso, ma il caso più rilevante nel Molise, perché la distanza è maggiore di campanile staccato dalla chiesa di cui è servizio.  Un campanile a sé stante, dunque con ingresso autonomo, che qui è stranamente più in alto del piano di campagna. Esso non è attaccato alla chiesa cui seppure non fisicamente legato lo è, però, funzionalmente. Il campanile di S. Maria della Strada sta in campagna e anche questa sua caratteristica è una singolarità. In genere associamo il campanile al borgo tanto da parlare di campanilismo quando ci si riferisce a rivendicazioni in favore del proprio paese da parte della comunità che lì vive oppure tanto da usare l’espressione “Italia terra dei mille campanili” per sottolineare la presenza nella nostra nazione di una miriade di Comuni. Sono rari i campanili ubicati nell’agro, generalmente le chiesette agresti sono dotate di semplici velette, “campanile a vela”, strutture elementari sovrapposte ad una delle pareti dell’edificio di culto per sostenere le campane, qui poco più che campanelle e pertanto poco pesanti poiché il loro suono si deve diffondere in un intorno limitato, spesso si tratta di semplici cappelle. Solo nelle chiese annesse ai conventi benedettini, costantemente in ambito rurale, vi sono le torri campanarie le cui campane hanno il compito di scandire con i loro rintocchi il tempo del lavoro e quello della preghiera, ora et labora, oltre che per i monaci anche per i coloni disseminati sui campi degli ampi possedimenti monastici.

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Se non è un’unicità italiana quella dei campanili in zona agricola perché l’ordine di S. Benedetto si è diffuso in tutto il continente, non per niente è Patrono dell’Europa, lo è invece quella della separazione della torre campanaria dall’edificio di culto, altrove non è così. Prima di proseguire sulla trattazione di tale peculiarità occorre comunque evidenziare che S. Maria della Strada, oggi se ne è persa la memoria, sorge in un sito un tempo conventuale. Lo si afferma con una certa certezza, ovvero non una certezza assoluta, deducendo ciò dal fatto che in prossimità della nostra chiesa sono stati rinvenuti i resti di una villa rustica romana sulla quale, come è successo a Canneto, a Casalpiano, a S. Vincenzo al V. si deve essere sovrapposto dopo la caduta dell’Impero un cenobio dei seguaci del santo di Norcia. Siamo pronti adesso per continuare il discorso della tipicità esclusivamente nazionale del campanile non integrato alla chiesa. Nel resto dell’ambito continentale le torri campanarie fanno un tutt’uno con il fabbricato religioso. Gli schemi architettonici usuali sono l’affiancamento alla facciata di due campanili, uno per lato, e il collocamento del campanile al di sopra dell’ingresso all’edificio ecclesiastico; esempi di questi modi di posizionare le torri campanarie ci sono, pochi, anche da noi.  Per quanto riguarda la prima tipologia abbiamo i due campanili agli spigoli del fronte della parrocchiale di S. Giuliano del S. e del santuario mariano di Castelpetroso e proprio quest’ultimo che è in stile gotico e il gotico è una corrente architettonica nata in nord Europa ci fa capire che è un’esterofilia. Per quanto concerne la seconda tipologia quale semplificazione si prendano la chiesa madre di Torella, la cappella di S. Maria ad Nives in località appunto Cappella a Baranello. Il fatto, lo si ammette, che il campanile sia indipendente dalla chiesa di S. Maria della Strada potrebbe far pensare che esso sia sorto successivamente all’edificio di culto come è successo alla chiesa di S. Nicola a Vastogirardi dove la non contemporaneità è evidente perché il campanile, sopraggiunto, penetra nello spazio sacro violentandolo per certi versi. Potrebbe essere un’ipotesi plausibile quella che campanile e chiesa a Matrice non siano coevi se non fosse il modo di sentire tutto italiano della distinzione fra chiesa e campanile. Non conta tanto lo iato che intercorre fra essi quanto la necessità di avere manufatti non collegati strutturalmente al fine di evitare la trasmissione delle sollecitazioni indotte dalle campane sulla muratura dal campanile alla chiesa.

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Che i campanili qui da noi abbiano difficoltà a combinarsi con la fabbrica religiosa è perché in Italia è sempre stata forte l’influenza dell’architettura classica in cui non sono mai presenti componenti verticali, i templi si sviluppano esclusivamente in orizzontale, non era possibile conciliare il rispetto della tradizione architettonica tutta in piano con l’innovazione costituita da un’opera che ha quale dimensione prevalente l’altezza, solo il gotico punta in alto. Passiamo ora ad un nuovo punto, quello della forma del campanile. Innanzitutto è da dire che generalmente sono a pianta quadrata (circolare è solo quello di Campodipietra, semicircolare solo quello di S. Polo) e quello di S. Maria della Strada lo è. Per Matrice bisogna evidenziare che il campanile sta staccato dalla chiesa per conservarne integra l’immagine, non sta sul retro. Generalmente hanno pareti compatte con poche forature e così succede qui, le più grandi sono quelle della cella campanaria per favorire la propagazione del suono, il tetto può essere a bulbo, cuspidato su base esagonale o ottagonale, piramidale come a Matrice in cui il colmo è molto ribassato, a terrazza, ma forse è inutile proseguire con l’elencazione delle caratteristiche che può avere un campanile, il campionario è troppo variegato, esso è stato per secoli un campo di sperimentazione architettonica e lo sarà anche in futuro poiché irriducibile a un modello prefissato. Alla stessa maniera è inutile cercare una regola fissa di affiancamento di campanile e chiesa, le soluzioni sono tantissime tra cui quella singolare di Matrice.

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