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L’insediamento rurale

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I fabbricati rurali non sono solo oggetto di studio delle discipline architettoniche, ma interessano pure la storia dell’agricoltura, argomento del quale si occupa questa rubrica. In relazione alla proprietà fondiaria si può dire che ai grandi possedimenti, sia in zone a vocazione agricola sia in quelle a indirizzo zootecnico, si associa l’insediamento a grosse cascine: è questo il caso, rispettivamente, di Venafro, un ambito pianeggiante dove dominano le colture cerealicole insieme agli oliveti specializzati, e di Staffoli in agro di Agnone, quindi un’area montana caratterizzata dall’allevamento. Nella piana di Venafro vi sono splendide ville signorili ottocentesche che erano sede di floride aziende agricole, mentre al bivio di Staffoli sorge un antico palazzotto con torri agli angoli ed annesse stalle che oggi ospita un centro agrituristico.

La collina è, comunque, più della pianura e della montagna connotata alla presenza dell’insediamento sparso. Nelle fasce collinari come il medio Molise, dove sono diffuse le colture promiscue, cioè dove vi è l’associazione di seminativi, di viti e di alberi da frutto o gli ulivi, la campagna è presidiata dalle case dei contadini. In questo ambito, comunque, vi sono anche zone nelle quali gli insediamenti sono accentrati, quindi con una scarsa presenza di abitazioni isolate, e ciò è dovuto all’altitudine di questi centri (quali S. Biase e S. Angelo Limonano paesi che raggiungono quasi i m. 900 di quota) e quindi al pericolo di nevicate che minacciano di bloccare chi vive in campagna. Un elemento riconoscibile in tutto il Molise è l’ubicazione dei nuclei abitati che è sempre posta su balze a ridosso delle aree coltivate e ciò sia per le ragioni difensive che nel medioevo portavano all’arroccamento dei borghi sia per consentire ai coltivatori di stare vicino ai terreni agricoli senza sottrarre, nello stesso tempo, superfici alle colture. Cadute le motivazioni militari che avevano spinto alla chiusura degli agglomerati edilizi che spesso sono cinti da murazioni, perché vengono meno le esigenze di protezione per la raggiunta stabilità politica nell’Italia meridionale durante l’età di mezzo si ha una irradiazione sul suolo agricolo dei nuclei urbani di tanti fabbricati colonici, come testimonia la ripresa dell’edificazione nel XVIII secolo nell’antico sito di Saepinum. Ciò non si verifica unicamente quando vi è una estrema disseminazione sul territorio dei poderi, fatto che porta a preferire la concentrazione delle abitazioni nei villaggi che sono situati, generalmente, in posizione baricentrica rispetto all’agro rurale, consentendo di raggiungere con facilità i vari appezzamenti di cui si compone la proprietà

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contadina: è il caso, anche se tutto da dimostrare, di Roccasicura oppure di Pescolanciano.

Passando ora ad osservare i connotati più propriamente agricoli dell’architettura rurale, si rileva che negli esemplari più antichi si ha sempre a piano terra la presenza della stalla per il ricovero degli animali. Anzi si può dire che la stalla come costruzione stabile precede la stessa abitazione perché il contadino deve innanzitutto provvedere a garantire la custodia degli animali i quali sono uno dei suoi beni principali in quanto assicurano la forza motrice dell’aratro e il letame indispensabile per fertilizzare il terreno. L’edificio che ospita la stalla deve essere poi cresciuto in altezza, sovrapponendosi ad essa l’abitazione e di qui la necessità della scala esterna che, forse, è il «segno» più caratteristico della nostra dimora rurale. Non vi sono, tuttavia, solo strutture edilizie a due piani costituite da alloggio e stalla, ma anche fabbricati nei quali il primo piano e destinato a fienile, mentre quello terraneo ospita le bestie. Si tratta di edifici specialistici, che si distinguono pure architettonicamente (perché hanno il tetto ad una falda) dall’edilizia di base, quella residenziale, perché sono monofunzionali, ma anche dagli altri edifici specialistici, come le chiese e i castelli che non costituiscono tipologie ripetibili in quanto strutture «personalizzate» di cui si conosce, a volte, l’autore, la datazione, ecc.. Solo in epoca recente si riprende la medesima distinzione in edifici diversi dei vani per il ricovero degli animali dall’abitazione dell’uomo con la distribuzione in più fabbricati di residenza, stalla, locali per la lavorazione dei prodotti, fienile (il quale è, di solito, una semplice tettoia precaria). Un’altra categoria di architettura rurale direttamente connessa con l’agricoltura è quella dei mulini. Si tratta normalmente di edifici ad un piano, ma non è infrequente trovare manufatti nei quali ai locali per la macinazione si sovrappone la residenza. Dal punto di vista percettivo sono simili agli altri tipi di edifici rurali perché le ruote del mulino sono all’interno del fabbricato e non all’esterno come si vede nei films americani. Se essi non sono particolari sotto l’aspetto architettonico, lo sono sotto quello semantico perché i mulini sono stati sempre sentiti come strutture importanti in quanto macinare era una prerogativa del feudatario nel periodo della dominazione spagnola.

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I CENTRI ABITATI SU SUOLO ROCCIOSO

Campobasso non la si può definire un centro rupestre nonostante il suo sottosuolo sia pieno di cavità utilizzate prima quali rimesse connesse ad abitazioni, quindi complementari a queste, e ora, in parte, trasformate in locali ristorativi. Soprattutto questa città manca di spuntoni rocciosi che emergono alla vista nell’agglomerato edilizio, la roccia è confinata, se così si può dire, sottoterra. Gli insediamenti che siamo abituati a chiamare propriamente rupestri nel Molise sono Bagnoli, Pietrabbondante e Pietracupa dove le cosiddette morge sono elementi dominanti dell’immagine del paese.C’è una distinzione da fare fra esse ed è che mentre a Pietrabbondante le morge, le quali sono tre, stanno al di sopra delle case, a Bagnoli dove sono 2, quella principale e la Morgia Alfiera, stanno al di sotto, costituiscono il substrato del nucleo abitato, a Pietracupa le costruzioni sorgono intorno all’unica morgia, tre, due e una.

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In verità è il capoluogo regionale a, mettendo in dubbio quanto detto all’inizio, a richiamare maggiormente la civiltà rupestre se si intende questa, quella dove gli uomini sfruttano le grotte a scopi abitativi sia pure qui gli ambienti ipogei sono semplici annessi alle residenze, cioè fondaci, cantine, ecc. e non le residenze stesse. Se, invece, per rupestre si intende non necessariamente vivere “dentro” le rocce bensì “fra” le rocce la situazione cambia, addirittura si ribalta, la “capitale” del Molise non lo è, lo abbiamo affermato al principio, un agglomerato rupestre mentre lo sono gli altri tre citati. Gira gira l’unico luogo

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molisano in cui vi sono tracce di una civilizzazione (civiltà è un po' troppo per un modo di abitare così primitivo quale era la vita che si svolgeva qui) rupicola (termine che dà più il senso del selvatico rispetto a rupestre) è la Morgia dei Briganti frequentata da ere lontanissime nelle cui tante caverne trovavano dimora povera gente, eremiti e, per l'appunto, briganti o, almeno, riparo. Gli ammassi rocciosi, al contrario pensare oggi noi che scegliamo aree piane per l’edificazione, peraltro raggiungibili con facilità, in passato si rivelavano siti interessanti per fondarvi un villaggio perché protetto dalle asperità del masso.

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Tanto ci si sente sicuri su queste emergenze lapidee che non si predispongono neanche murazioni difensive. A Pietrabbondante le pareti calcaree che sovrastano il borgo su un lato costituiscono naturali barriere di protezione. Le morge sono strategiche per la salvaguardia della popolazione anche per la loro altezza, esse infatti svettano nell’agro tutto intorno e così i loro vertici sono punti di scolta da cui avvistare l’approssimarsi del nemico. Per la grande visibilità che si gode salendo sul colmo esse sono anche dei balconi panoramici e a Pietracupa si è cercato di sfruttare tale qualità realizzando una scaletta metallica che si inerpica fin su, un’esperienza emozionante anche se finora ne è stato precluso l’accesso dovendosi ancora mettere a punto le misure per garantire l’incolumità dei fruitori. Va evidenziato che lo sfruttamento delle morge quali aree, per così dire, edificabili non è cosa unicamente del medioevo come dimostra Duronia,Tanto ci si sente sicuri su queste emergenze lapidee che non si predispongono neanche murazioni difensive. A Pietrabbondante le pareti calcaree che sovrastano il borgo su un lato costituiscono naturali barriere di protezione.

Le morge sono strategiche per la salvaguardia della popolazione anche per la loro altezza, esse infatti svettano nell’agro tutto intorno e così i loro vertici sono punti di scolta da cui avvistare l’approssimarsi del nemico. Per la grande visibilità che si gode salendo sul colmo esse sono anche dei balconi panoramici e a Pietracupa si è cercato di sfruttare tale qualità realizzando una scaletta metallica che si inerpica fin su, un’esperienza emozionante anche se finora ne è stato precluso l’accesso dovendosi ancora mettere a punto le misure per garantire l’incolumità dei fruitori. Va evidenziato che lo sfruttamento delle morge quali aree, per così dire, edificabili non è cosa unicamente del medioevo come dimostra Duronia, centro di origine pre-romana che è in rapporto con le rocce. La morgia condiziona in maniera forte la struttura insediativa che ospita, il fattore naturale si impone su quello antropico nel disegno dell’abitato, in un certo modo la natura detta le sue leggi anche in materia di forma degli aggregati residenziali. Campobasso che nasconde le sue cavità, occultandone financo le entrate, costruendo il suo nucleo medievale su di esse non la dà a vedere, ma una certa dipendenza dal sottosuolo il suo impianto urbanistico deve averla subita (le unità immobiliari di sicuro in quanto sfruttano lo spazio sotterraneo). È evidente che le dimensioni delle abitazioni popolari a Bagnoli sono in stretta relazione alla gibbosità della superficie della morgia, un singolo edificio occupa una singola gobba la quale quanto più è grande in estensione tanto più è ampio il fabbricato, se è assai estesa allora potrà contenere più moduli abitativi (il modulo base è quello unicellulare); esclusivamente i palazzotti signorili per la cui esecuzione ci si può permettere un impegno realizzativo superiore si impostano su più convessità del manto roccioso magari livellandole, è difficile trovare particelle in cui il suolo spiana. L’accidentalità del terreno fa sì che i percorsi viari cittadini, oltre che le tipologie architettoniche, siano caratterizzati da una notevole irregolarità, alle volte un dedalo. Il deflusso delle acque a seguito di precipitazioni atmosferiche intense è governabile con difficoltà non potendosi contare sull’assorbimento da parte della terra data l’impermeabilità della roccia. Quest’ultima, in aggiunta, è riflettente i raggi del sole perché biancastra, è calcarea, per cui nelle ore di luce quando il cielo è sgombro da nubi, si ha un aumento locale della temperatura dell’aria più consistente nelle giornate di calura estiva. Dato il substrato lapideo è difficile che, nei pochi angoli liberi, possano crescere piante le quali avrebbero potuto assicurare l’ombreggiamento e neanche che vi siano orti e giardini. Vi è un disagio nell’abitare su roccia anche per lo sforzo che richiede la realizzazione dei sottoservizi, condotte idriche e fognarie in primis con buona pace dei propugnatori dell’Architettura Organica teorizzata da Bruno Zevi. Le zone di espansione sono esterne alla morgia, si sviluppano su un soprasuolo “normale”. Si ha un’autentica discontinuità tra il polo originario e le sue appendici anche dal punto di vista estetico, forma delle case e delle strade. Trattandosi di piccoli centri nei quali la crescita urbanistica è contenuta predomina nell’immagine dell’insediamento la porzione rupestre. Tale riconoscibilità fa sì che essi si distinguano nel panorama insediativo regionale e per i loro abitanti questa insolita morfologia dell’insieme abitativo costituisce un fattore identitario, se non di orgoglio, favorendo il senso di appartenenza.

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