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I filari di alberi a corredo delle strade

Il Codice della Strada non ha nessun articolo per disciplinare le alberature stradali, mentre il suo Regolamento di Attuazione tratta questo tema quando fa divieto ai privati di piantare essenze nella propria proprietà in vicinanza del limite della strada se l’altezza cui può arrivare l’albero è inferiore alla distanza tra questo e la sede viaria. In mancanza di una norma per le alberature pubbliche gli enti gestori della viabilità fanno riferimento alla disposizione valida per i privati. È del 1992 il Codice per cui è inevitabile che da quella data non siano stati più impiantati alberi sulle arterie all’esterno dei centri abitati; tutti quelli presenti sono precedenti a questo anno per cui, tenendo conto che, in genere, si tratta di conifere le quali hanno una vita breve, sono quasi tutti vecchi. Una volta abbattuti essi non possono essere sostituiti ne è consentito ripiantare nuovi alberi al posto di quelli malati; a dire la verità, a volte, si dichiarano da parte dei gestori della viabilità ammalorate piante che forse non lo sono per una forte paura che si è instillata nei cantonieri per via di alcune condanne per omicidio colposo inflitte a tecnici preposti alla sicurezza stradale dopo la morte di persone colpite da tronchi venuti giù. In effetti, non si ha l’eliminazione contemporanea delle essenze arboree in un tratto viario, bensì un po’ per volta come si può riscontrare sulla Bifernina nei pressi di Guglionesi. Il problema non è solo il crollo dell’esemplare arboreo perché ad esso si aggiunge quello delle radici che penetrano sotto l’asfalto sollevandolo e mettendo così a rischio il transito delle auto ed è ciò quanto paventato sulla fondovalle del Biferno un po’ prima del conservificio. Un’altra minaccia per la sopravvivenza della vegetazione ai lati dei tracciati stradali è il loro allargamento che rischia di far diventare le strade delle piste automobilistiche, ad assomigliare ai circuiti della Formula 1, per intenderci, senza che vi sia neppure un po’ d’ombra. Un esempio virtuoso, anche se difficilmente replicabile, è quello effettuato dalla Comunità Montana di Boiano lungo il collegamento secondario Guardiaregia-Sepino in prossimità di località Cantoni con il muro di sostegno interrotto, attraverso una risega, per salvare una quercia a bordo della carreggiata. Gli alberi, oltre che ornamento viario, servono per ombreggiare, valore che oggi è in disuso poiché le strade non si percorrono più a piedi o sui carretti, semmai in bici; sia che si tratti di pini o cipressi sia di pioppi, le piante che costeggiano le sezioni viarie non producono fiori o frutti per cui vengono considerate alla stregua di oggetti inutili, tutt’al più di valenza estetica, trascurando la loro capacità di creare ombra, una cosa impalpabile, non concreta. L’ombra è essenziale per le piste ciclabili come si può riscontrare alle porte di Campobasso in direzione di Ferrazzano: se si eliminassero i platani ai limiti della provinciale diventerebbe meno attraente passeggiare con o senza bicicletta su questa pista.

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Gli unici alberi che si incontrano transitando sui nuovi collegamenti viari (vedi, ad esempio, la fondovalle Tappino o la cosiddetta Falcionina tra il bivio di Morrone e quello di Bonefro) sono quelli, di frequente abeti rossi, che delimitano le aree di servizio alla stessa maniera che in città, i parcheggi (nel capoluogo regionale quello di via Manzoni). Si è fatto cenno al significato estetico delle piante a corredo delle strade, adesso affrontiamo il tema del ruolo paesaggistico che assolvono. Se è vero che senza gli alberi vicino alle strade qualsiasi quadro panoramico sarà più povero e ciò preoccupa, ancora più evidente è il depauperamento dell’immagine dei luoghi quando ci troviamo in zone come il basso Molise in cui le presenze vegetali sono scarse. L’alberatura della campagna nelle aree della bonifica è davvero limitata, riducendosi ad alcuni frutteti di recente impianto. In alcuni ambiti della fascia litoranea la flora è rappresentata unicamente dalle specie ripariali. Delle grandi distese forestali, si prenda il Bosco Tanasso del quale è sopravvissuto il toponimo, che un tempo ricoprivano questa parte della regione sono rimaste alcune querce a punteggiare i campi di grano e di girasole. Abbiamo, perciò, un paesaggio aperto anche perché pianeggiante, senza ostacoli che limitino la vista; è un carattere identitario, ovvero il genius loci, da tutelare e rispettare al quale misurare la permanenza o meno delle alberature stradali.

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Vi sono comprensori molisani nei quali il territorio rurale è connotato da filari arborei che delimitano le particelle agricole. Tali formazioni vegetali lineari disposte sulle rive dei fossi richiamano figurativamente, formate come sono da essenze arboree di fusto alto che si susseguono fra loro ad intervalli abbastanza regolari, le alberature viarie; sono maggiormente frequenti, però, le siepi a ripartire gli appezzamenti agricoli o a delimitare i percorsi campestri. Di tali specificità paesaggistiche si deve tener conto nella valutazione del taglio degli alberi lungo le arterie viarie. Finora abbiamo parlato genericamente di essenze arboree, adesso specifichiamo che le piante ai margini delle carreggiate sono per lo più dei pini (in Toscana i cipressi). Quando sono pini marittimi, quelli ad ombrello, un caso è la statale Garibaldi all’uscita del capoluogo regionale, essi si trovano ad avere quale contrappunto visivo nel medesimo contesto paesaggistico quelli che svettano sulle dimore signorili poste al centro delle tenute agricole, costituendo i segni più significativi in quello scorcio percettivo, specie se spoglio, i primi allineati fra loro, i secondi solitari. I filari di conifere che ornano alcune vie storiche, all’ingresso di Casacalenda per esempio, sono capaci di trasferire nell’ambiente agreste il gusto affermatosi nel XIX secolo negli insediamenti urbani, anche molisani, per i viali per il passeggio e per le specie vegetali, in qualche modo, esotiche. Lasciamo la questione del paesaggio ed entriamo nelle tematiche ecologiche riconoscendo che non sono le conifere le piante più adatte per catturare il particolato emesso dagli autoveicoli in transito in quanto sarebbero più utili varietà vegetali con foglie larghe (e magari un po’ rugose); per il rumore prodotto dai mezzi di trasporto vanno meglio le siepi le quali possono essere delle efficaci barriere fonoassorbenti oltre che avere funzione filtrante per gli inquinanti. All’inizio di questo intervento si è fatto cenno al 1992 come termine finale della piantumazione di alberature stradali, ora si fornisce la datazione iniziale la quale coincide con la costruzione della nostra rete viaria che è ottocentesca: il significato storico insieme a quello paesaggistico fanno di diverse strade molisane dei percorsi di interesse turistico che gli americani chiamano greenway. Le strade «verdi», tra le quali potranno essere classificate alcune esistenti, dovranno essere arredate con piante robuste, adatte ai microclima locali e, ciò non guasta, capaci di assorbire quanta più possibile anidride carbonica. A quest’ultimo proposito si segnala che da poco sono stati pubblicati i risultati di una ricerca californiana denominata « i-tree », tra i quali vi è quello che se il pioppo (abbiamo il pioppo  cipressino lungo la SS 17 nella piana di Boiano) è vero che si sviluppa velocemente, ma dura poche decine d’anni, la quercia (la roverella per il prof. Blasi è l’albero tipico del Molise) cresce lentamente ma vive secoli, diventando un autentico magazzino di CO2.

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