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Le cappelle rurali

Il paesaggio molisano è costellato di numerosi segni che rimandano alla religiosità del nostro popolo. A cominciare dalle quote più levate, dalle cime dei monti dove spesso sono state installate grandi croci, come quella posta sopra monte Miletto o quella che è stata collocata a monte Saraceno di Cercemaggiore. Bisogna immaginare lo sforzo richiesto per trasportare fin lassù gli elementi di ferro poi assemblati a formare la croce il quale dimostra la devozione dei fedeli; oggi è ben più facile portare sopra queste strutture perché è possibile utilizzare l’elicottero. Trovandosi a quote tanto elevate dove il vento soffia impetuoso è stato necessario rinforzarle con tiranti d’acciaio. Più frequentemente, però, le croci sono situate, sempre in altura, non tanto lontano dall’abitato in punti che così vengono denominati Calvario per il ricordo del Golgota; seppure ad una scala inferiore sono sempre posizioni dominanti questa volta sulla comunità locale e non su quella regionale come le croci montane. Rimanendo alle croci va detto, pur se non incidenti sul contesto paesaggistico bensì riferite solo all’ambiente urbano, vi sono le croci stazionarie che stanno quasi ad indicare l’ombelico dell’insediamento (c’è una stele molto bella nel cuore di Roccamandolfi) e quelle viarie che identificano invece i luoghi di mercato ai confini dell’agglomerato abitativo (a Civitanova, Salcito, ecc.); tante di queste croci sono in materiale lapideo, altrettante in metallo. Lo stesso accade per le edicole votive che possono stare sia in paese sia nell’agro, ma per esse le relazioni visuali sono limitate all’intorno, influendo cioè solo su vedute ravvicinate. La tipologia architettonica più frequentemente adottata è quella della nicchia con timpano, quest’ultimo simile a quello presente nei monumenti funerari minori dell’antichità. Vi sono edicole poste nei crocevia (a Castellone di Boiano, lì dove la strada incrocia il tratturo), volute dalla collettività e altre private, che però poste come sono all’esterno delle mura della propria abitazione sono visibili da chiunque; in qualche modo, tale secondo modo di concepire le edicole richiama la tradizione romana dei lares della casa. Non cambia la dimensione delle edicole se poste in alto sulla parete, altezza che richiederebbe per essere osservate compiutamente altri rapporti dimensionali; per intenderci per le lapidi la grandezza delle lettere che compongono l’iscrizione al fine di venir lette bene aumenta quanto più ci si sposta verso l’alto. A completare il quadro delle componenti religiose dell’arredo, per così dire, territoriale, oltre alle croci e alle edicole votive vi sono quelle minuscole cappelle formanti un volume non fruibile dai devoti, bensì occupato interamente dalla statua del santo come si può vedere in contrada Piana dell’’Olmo, ancora a Cercemaggiore. Una diversa categoria di monumenti, alcuni di grande pregio come S. Maria della Strada, che rimandano alla religione dislocati nel territorio sono le chiesette rurali, le quali, indubbiamente, costituiscono le emergenze più significative.

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La sacralizzazione del territorio non avviene solo tramite l’apposizione di croci ed edicole votive e, anche le processioni il cui percorso rappresenta una sorta di marcatura dello spazio, ma ha una definizione compiuta con la edificazione delle chiese rurali. Tali edifici di culto fungono, per le loro alte valenze simboliche e perché, quasi in ogni comune della nostra regione, sede, se non di pellegrinaggi veri e propri, di cortei processionali in occasione di particolari festività con decadenza annuale nelle quali si riunisce tutta la comunità, comprese le persone originarie del posto che, però, vivono altrove, quali baricentri territoriali. Esse, di nuovo come le edicole e le croci, ma in modo molto più evidente, equivalgono ad una convalida divina dell’occupazione da parte dell’uomo dello spazio agricolo, trovandosi costantemente in prossimità di campi coltivati o di pascoli (qui si tratta di eremi, vedi i 2 S. Egidio di Boiano e Frosolone). Ci sono pure casi nei quali la chiesetta risulta inserita in una piccola borgata, vedi la Madonna del Rosario nella frazione Camposarcuno di Campobasso, fatto che va spiegato con la capacità polarizzante degli edifici di culto, piuttosto che per la sua funzione di servizio rispetto ad un insediamento. Il più delle volte queste architetture religiose si trovano isolate, ma altre volte è spiegabile la loro presenza per il legame con qualche villaggio scomparso (a causa delle crisi demografiche del XV e del XVIII secolo). Tante di queste chiesette si ergono in posizione dominante sulla collina, da S. Maria delle Fratte a S. Massimo alle Quercigliole di Ripalimosani alla Madonna del Calvario, lì dove il territorio comunale di Campobasso raggiunge l’altitudine maggiore.

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Sempre queste bianche chiesette, quasi dimenticate perché aperte raramente sono delle componenti davvero pittoresche del paesaggio. Va evidenziato, per completezza del discorso, che vi sono chiese, specie quelle dedicate a S. Rocco nelle quali avvenivano le sepolture dei malati di peste, morbo per scongiurare il quale era invocato il santo; proprio per tale ragione sono poste fuori le mura, non in campagna e neanche nell’aggregato edilizio. Se è vero che la regola è che qualunque struttura architettonica assume una specifica conformazione in relazione al contesto, per le chiese rurali ciò sembra non valere, figurativamente servendosi dei modi del romanico lombardo i cui esemplari più noti stanno, in genere, all’interno degli abitati, specialmente le lesene e gli archetti che hanno risalto nelle facciate, prendi la cappella di S. Pietro sul tratturo in tenimento di S. Elia a Pianisi o S. Maria del Monte, sul monte appunto che sovrasta Cercemaggiore.

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È vero che è ricorrente, ma non è scontato che i luoghi di culto siano delle costruzioni riscontrando la presenza di chiese rupestri, come fuori S. Angelo in Grotte, sopra la montagna di Miranda la cappella di S. Lucia, ecc.; per precisare va detto che nell’area abruzzese-molisana nelle cavità erano ricavate unicamente chiese, non abitazioni come succede invece a Sud, vedi Matera. Lo stato di conservazione del patrimonio religioso è, tutto sommato, soddisfacente poiché ancora utilizzato, in specifico le chiese, almeno quelle di proprietà ecclesiastica; problemi, prima ancora che di salvaguardia di riconoscimento stesso del loro valore, li hanno i segni sacri minori, croci ed edicole il cui destino sta seguendo quello della campagna la quale soffre l’abbandono.

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